mercoledì 29 giugno 2016

Arte e carcere

Dalla settimana scorsa la Casa Comunitaria sta ospitando due detenuti in permesso premio del carcere Due Palazzi di Padova per un progetto legato al Gr.Est di Camposampiero.
I due detenuti infatti stanno tenendo un laboratorio di murales per i ragazzi e i bambini del grest parrocchiale.
Questo rapporto con il Due Palazzi di Padova è iniziato circa 5 anni fà, grazie ad un progetto della scuola media statale di Camposampiero che ha chiesto alla Casa Comunitaria la possibilità di ospitare i detenuti.
"Un'esperienza che ci ha aperto gli occhi verso una realtà che non conoscevamo e che ha abbattuto molti pregiudizi che si ha del carcere e dei "carcerati" afferma Bepi.





Un murales fatto dai detenuti nel maggio del 2011 quando per la prima volta sono stati ospitati presso la Casa Comunitaria

lunedì 27 giugno 2016

Uscita animatori del Gr.Est e incontro Campo Bici

Ieri, presso la Casa Comunitaria & il Cantiere Maloca, si sono incontrate due realtà: gli animatori del grest di Camposampiero e i ragazzi del campo bici del Gruppone Missionario.
Un momento di divertimento quello della partita vista tutti insieme, uno di convivialità quello della cena fatta insieme e di confronto quando i ragazzi del Gruppone hanno spiegato il loro campo.
"Un campo itinerante in cui andiamo ad incontrare i bambini e i ragazzi dei grest e a cui proponiamo delle attvità legate alla sensibilizzazione missionaria, un campo in cui creiamo uno spettacolo per la parrocchia che ci ospita e che quest'anno e legato al tema del Divenire..."

L'uscita degli animatori del grest prosegue e, dopo una bella dormita, continua con un momento di incontro con: il Vangelo, la Scelta e la realtà de rifugiati e profughi raccontata da Famory e Mohammed insieme a Luisa.




martedì 21 giugno 2016

Perché la missione?

La casa comunitaria é legata anche all'aspetto missionario, questo perché il sogno di Bepi e Serena parte dalla loro esperienza nel Gruppone Missionario.
Il Gruppone é un gruppo di giovani e famiglie della diocesi di Treviso che si sporca le mani per gli altri.
Attraverso lavori come campi di raccolta, negozi dell'usato e altri lavori finanzia le missioni in America Latina e in Africa.
Il Gruppone si fonda su 10 punti:
1. Il gruppo:  fidarsi degli altri, lavorare per i poveri, attenzione alle persone. Ognuno é responsabile
2.Siamo piccoli e pieni di limiti ma questo non é un motivo per commiserarci: é solo da qui che possiamo partire per cambiare noi stessi e il mondo.
3. Il Gruppone non ha strutture
4. Tocca a me prima di tutto, é a me che i poveri chiamano, é a me che viene chiesto di cambiate vita.
5. Non dividere l'umanità in credenti e non credenti
6. Il nostro si alla missione
7. Tenere la vela tesa
8. La famiglia del Gruppone é di ci si commuove davanti ai poveri.
9. Aprire gli occhi
10. Ci sono due strade... Quella del vangelo e quella del mondo.
"Tocca a me prima di tutto, è a me che i poveri chiamano", è per questo che Bepi, Serena e Stefania hanno deciso di creare questa piccola "missione verso i poveri vicini" non dimenticandosi mai dei poveri lontani, poveri che hanno incontrato, con cui hanno condiviso un'esperienza e che li hanno cambiati nel cuore.

martedì 14 giugno 2016

Accogliere é...

  1. "ACCOGLIERE:

  2. 1. presso di sé, ammettere nel proprio gruppo (+ intra, anche + compl. predicativo dell'ogg.).
    "a. qualcuno in casa"
  3. 2.
    Accettare, approvare." 
Ma cosa vuol dire aaccogliere per chi lo vive in prima persona?
Ecco le risposte della Casa Comunitaria:

 "Accogliere significa fare lo sforzo di aprire le porte di casa propria, intesa proprio come casa, ma anche come cuore, come famiglia, come comunità,come confini, a chi ti sta bussando. Per chiederti aiuto, per riposarsi, per condividere un’esperienza, per creare scambio."

"Accogliere significa avere cura dell'altro in virtù della sua presenza, accogliere è colui che rendo vicino incontrandolo e lasciare che sia accanto a me"

"Accogliere é far entrare un persona nella propria quotidianità, nel propri traguardi, nelle proprie gioie ma anche nei propri fallimenti, nelle proprie delusioni e nelle proprie battaglie.
Accogliere l'Altro vuol dire far uscire un po' di sé per ricevere qualcosa di Altro, dell'Altro"

mercoledì 8 giugno 2016

"Don Cesare Boschin"... presidio di Libera



"PRESIDI DI LIBERA (dallo statuto).
Definizione
Gruppi di persone [n.b.: esistono presidi formati da 6-8 persone], che aderendo alle idee di Libera su di esse si formano, per esse agiscono dandosi
un'organizzazione permanente.



 Obiettivi
Formare un'organizzazione permanente di persone mobilitate in seno a Libera
Dare centralità alla formazione continuativa sui temi di Libera
Dare visibilità ai temi di Libera
Agire concretamente sulla base di priorità individuate e condivise
Struttura di coordinamento tra i presidi
Ha il compito di verificare l'andamento dei Presidi, di definire le priorità d'azione, di curare la formazione culturale dei presidi, di attivarsi per moltiplicarli,
di deliberare lo scioglimento di quei presidi che tenessero un comportamento incompatibile con le finalità di Libera. Si incontra con le modalità che
saranno definite nella prima assemblea plenaria dei presidi di Libera
Formazione

E' strumento di formazione dei Presidi la rivista Narcomafie"

Nasce da questo il presidio di libera "Don Cesare Boschin" del Camposampierese con sede presso la Casa Comunitaria. 
la voglia di fare qualcosa e dire di no a un sistema di corruzione ed illegalità in Italia e nel mondo. 
Il presidio di Libera del Camposampierese nasce il  28 marzo 2014 e si lega principalmente a una realtà, già spiegata in precedenza, quella del Tappetto di Iqbal. 
Una data importante per libera nazionale è il 21 marzo di ogni anno, giorno in qui viene fatta la commemorazione delle oltre 900 vittime innocenti di Mafia, Camorra ed Ndrangheta.


in Piazza San Marco delle vittime di Mafia, lette da Bepi e Franco. 


lunedì 30 maggio 2016

Il tappetto di Iqbal

Uno dei gruppi si chiama Il Tappeto di Iqbal...La cooperativa sociale ONLUS "Il tappeto di Iqbal" opera nel quartiere di Barra di Napoli ovvero il quartiere con la maggior presenza di giovani di tutta Napoli e allo stesso tempo con livelli di dispersione scolastica tra i più elevati della Campania. Mezzi di trasporto al minimo, assenza di un Cinema, di un Teatro, di centri di aggregazione, spazi pubblici chiusi e i pochi aperti devastati e abbandonati, containers di amianto scaduti dal terremoto del 1980, campo rom in condizioni disumane e mentre tutti si preoccupano del quartiere postmoderno Scampia nato come a tavolino nel classico sistema post terremoto della ricerca della "imperitura gallina dalle uova d'oro" a Barra si sviluppa una forte organizzazione camorristica e criminale con storiche stragi da quella di Piazza Crocelle a quella di Ponticelli. Siamo costretti a stare per strada malgrado il riconoscimento nazionale e internazionale nei nostri confronti. Abbiamo chiesto di poter stare nella scuola Salvemini di Barra ma si preferisce, in un calcolato rimbalzo di responsabilità, lasciarla nelle mani dell'Abusiva Signora Patrizia che ci fa un pò quello he gli pare mentre con oltre 30 bambini dobbiamo stare in strada. Ma il 30 Gennaio la stessa lascia la Salvemini e mentre eravamo a Milano a raccogliere fondi per andare avanti la camorra ha distrutto la Salvemini. La camorra è una conseguenza di questi quartieri e spesso si sostituisce alle istituzioni. Esiste una crisi morale prima che economica. Bisogna ricostruire la "Bellezza" che raccontava Peppino Impastato. Le istituzioni sono vergognose ( dico sempre ai ragazzi "le istituzioni e non lo Stato perchè lo Stato siamo noi") ma abbiamo l'affetto di Save the Children, Libera, Legambiente, Unicef, Garante per i diritti dell'Infanzia, Circomondofestival, Palestina, Chapas, Argentina, Brasile, Kenya, Uruguay.... Allora vuol dire che siamo sulla strada giusta...

giovedì 19 maggio 2016

Ma chi "abita"questa esperienza?

Ma chi abita questa esperienza?

  • Bepi e  Serena: sposati da 23 anni hanno sempre sognato una realtà di accoglienza, una casa con la porta aperta.Dal 2010 questo sogno si è realizzato!
  • Anna, Isacco e Riccardo:figli di Serena e Bepi hanno sempre respirato il sogno dei genitori ed ora lo stanno condividendo
  • Ana, 23 anni, è una ragazza moldava arrivata nella casa comunitaria nel 2013,attualmente lavora con Bepi nella sua macelleria
  • Mohammed, 35 anni, raggazo del Niger arrivato in Italia con le prime imbarcazioni nel 2011 e a Camposampiero dal 2015
  • Famory, 21 anni, dal Mali fa parte  del progetto "Un rifugiato a casa mia"
  • Stefania: grazie a lei Bepi e Serena hanno potuto realizzare il loro sogno che è diventato anche il sogno di Stefania
  • e Armando e Rita, i genitori di Stefania, che con la loro costante ed attenta presenza danno un aiuto continuo!

giovedì 12 maggio 2016

Progetto "Un rifugiato a casa mia"

Da circa 7 mesi la Casa Comunitaria ha aderito al progetto proposto dalla Caritas della diocesi di Treviso "un rifugiato a casa mia".
Il progetto consiste nella sperimentazione di una nuova forma di accoglienza dei rifugiati, al fine di supportare il processo di inclusione nella comunità e il raggiungimento di autonomia. 
Famory ha 21 anni ed è arrivato in Italia nel 2014 dopo un lungo viaggio da Kobiri, in Mali, alla Libia dove ha dovuto scegliere  tra due possibilità: morire li o in mare. Allora è salito su quella barca, insieme ad altre 120 persone con la possibilità di morire ed è arrivato in Italia.Famory ha trovato accoglienza nella Casa Comunitaria dove si tiene occupato con dei lavoretti di volontariato insieme ad altri ragazzi fuggiti anche loro dal loro Paese.
Famory, Anwar, Amadou e Dawod (ospitati dai Frati Antoniani e dalla parrocchia di Camposampiero) sono scappati dalla guerra, hanno dovuto scegliere tra la morte sicura e la possibilità di vivere, tra la morte e la distanza dai propri famigliari, da una mamma e un papà che ogni  giorno mancano di più ma da un Paese che a loro non manca, un Paese di guerra che li ha costretti a fuggire. 
"Come possiamo essere indifferenti?" afferma Bepi " non possiamo e allora perchè non condividere un po della nostra quotidianità con loro?"  
"Ci siamo messi in gioco"  continua Serena "loro lo hanno fatto nel momento in cui sono usciti dalla loro casa ora tocca noi uscire dalla nostra casa ed accogliere, aprirci ad un mondo che sta cambiando ma che spetta a noi cambiare!" 

giovedì 5 maggio 2016

Cantiere Maloca

E dal sogno di condividere ed aprirsi agli altri la Casa Comunitaria da circa un anno ha creato uno spazio per ospitare gruppi, fare serate di sensibilizzazione verso i luoghi e le persone marginali della nostra società: il CANTIERE MALOCA:
  • CANTIERE perché è un luogo sempre in costruzione ed evoluzione come l’esistenza di ciascuno di noi.
  • MALOCA è una parola indigena brasiliana tipica dell’Amazzonia che indica la tenda o capanna situata al centro del villaggio. E’ uno spazio condiviso, una realtà in cui tutto può essere messo in comune, ognuno è partecipante, comunicante con altri in una logica di scambio, di accoglienza reciproca e di edificazione di un progetto comune.
Un posto dove stare insieme, un posto dove aprirsi al confronto, al dialogo e allo condivisione dei sogni che la Casa Comunitaria ha. 


giovedì 28 aprile 2016

Casa Comunitaria... un luogo per andare oltre all'individualismo!

La casa comunitaria nasce sei anni fa, esattamente nell’ottobre 2010. Nasce dal  sogno di camminare vivendo con alcuni valori importanti per Serena, Bepi e Stefania:prima di tutto la condivisione, poi la sobrietà, l’accoglienza indistinta per tutti, l’apertura al mondo e alla missione, vivere e testimoniare la Parola di Dio.
Attualmente in casa vivono 10 persone: Bepi e Serena con i loro figli Isacco, Riccardo ed Anna, Ana, Mirel, Mohammed, Famory e Stefania, tutti accompagnati dalla vigile ma discreta presenza di Rita e Armando, genitori di Stefania.
Inoltre da un po' di mesi si è creato intorno a questa realtà un gruppo di confronto che vede coinvolti altri 7 adulti  che pur non vivendo direttamente in casa camminano con essa.
Ma in cosa crede la Casa Comunitaria? 
Ecco come la spiegano Bepi e Serena:
"La casa comunitaria vorrebbe essere un luogo dove saper andare oltre a quello che il nostro mondo ora ci propone: individualismo, egoismo, interesse personale.
L’abbiamo scelta perché ci aiuta a vivere meglio, a essere concreti e insieme si cresce di più.
In futuro ci piacerebbe che diventasse un ambiente per accogliere gruppi di qualsiasi provenienza a cui interessa conoscere l’aspetto missionario e l’apertura al sociale.
Un luogo di lavoro pratico perché crediamo nella valenza del lavoro come metodo educativo: sporcarsi le mani, essere concreti e prendersi delle responsabilità.
Un’ambiente dove avere attenzione per l’emarginato vicino e lontano e degli spazi di pronta accoglienza per chi vive nella precarietà."